Viviana Rasulo | Cambogia e Laos

Cambogia e Laos

La Cambogia un luogo che appartiene al passato, collegato alla sofferenza di una colonizzazione, di un regno, di una dittatura delle più dure e per ultimo dall’invasione Cinese che ha portato via tutte le ricchezze.

Questa storia ha generato in questi popoli un assoluto atteggiamento di sottomissione misto ad una ritualità in via di estinzione con un sapore di rigidità che si mescola bene alla spiritualità buddista. La religione, i templi, le preghiere, il rifugiarsi in un mondo che prevede una continua rinascita ha permesso loro la salvezza. La brutalità più bieca che hanno subito ha sublimato la loro anima proiettandoli in un mondo che non gli appartiene, in cui lontano da tutti i beni materiali intrisi di religione prima induista e poi buddista, si riproducono in famiglia per cercare forza lavoro legata alla loro sopravvivenza. Gli stessi Monaci sono un misto di spiritualità contaminata con la tecnologia.La Cambogia che fa parte dell’Indocina insieme al Laos, Vietnam e Myanmar, si affaccia ora al mondo mantenendo intatte una serie di contraddizioni che fanno di questo popolo un popolo unico, obbligato al sorriso e alla riverenza. La dittatura li ha cristallizzati nella loro ignoranza ma allo stesso tempo nelle loro tradizioni. La contaminazione è utile come forma di scambio e di arricchimento quando contaminazione non significa globalizzazione. Questi popoli rishiano tra qualche anno di perdere la loro identità per travestirsi di una globalità scimmiottata a cui vanno incontro in maniera assolutamente inconsapevole. L’uomo è capace di istinto di difendere la propria vita per la sopravvivenza ma l’onda di massificazione lo può attraversare come uno tsunami in cui viene travolto senza avere la possibilità di differenziarsi. Ecco perché la mia testimonianza è di monito per un risveglio cosciente e consapevole delle proprie risorse affinchè queste non vengano disperse a favore di una politica economica globale. L’Indocina con il Laos il Myanmar la Cambogia ed il Vietnam sono l’impronta di zone massacrate da dittatuture e guerre civili. La povertà è la loro condizione ma è anche la loro possibilità di riscatto rispetto ad una società che li ha voluti tutti uguali e sottomessi. La globalizzazione è la nostra identità massificata, la povertà per quanto sia dura fa leva solo sulle poche risorse umane sopravvissute alle violenze e alle sopraffazioni. Ecco perché tanto mi affascinano questi luoghi dove il tempo si è fermato lì dove è ancora possibile portare a termine la propria giornata intrisi storicamente dell’eredità di una dittatura spaventosa e di guerre civili dettate da diversi partiti che hanno fatto milioni di vittime senza ragione. Il regime dei Khmer rossi iniziò in Cambogia 40 anni fa i vecchi carri armati cinesi dei Khmer Rossi impestati di fumo nero il 17 aprile del ’75, entravano per le strade di Phnom Penh con l’orgoglio prepotente dei vincitori. Fu solo un attimo di illusione per la Cambogia Una guerra finiva, dopo un’eternità di rivolte, di colpi di stato, di violenze etniche; sembrava la pace, per la Cambogia. La gente, ai lati delle strade, salutava felice, in una festa di popolo. Ma durò soltanto lo spazio corto del mattino, nessuno poteva immaginare che, in quelle stesse ore, cominciava invece lo sterminio di massa. Il popolo fu costretto ad abbandonare la città ed andare nelle campagne, molti lasciarono phnom penh portando con sé solo una manciata di riso e la città si svuotò . Si susseguirono una cascata di orrori e di eccidi e si parlò dell’ultimo genocidio del secolo dal 1975 al 1979. I rossi Khmer arruolarono i bambini in una guerra senza senso e ne fecero strumenti impietosi di guerra. “tentarono di trasformare la Cambogia in un folle esperimento di comunismo rurale autarchico, rovesciando il processo storico del passaggio dalla «campagna» alla «città» e portando a lavorare nei campi l’intera popolazione”. I campi di concentramento diventarono la residenza di molti uomini che non appartenevano al mondo contadino e che parlavano la lingua Francese dove l’intera classe dirigente si formava. Pol Pot anch’egli laureato alla Sorbonne, signore spietato del destino di un intero popolo, fu il simbolo di questa follia collettiva. “Un tribunale internazionale, ad agosto dell’anno scorso, ha condannato all’ergastolo Khieu Samphan e Nuon Chea, l’uno, capo di Stato del Cambogia polpottiano, e l’altro, ideologo del regime. Sono due vecchi di 83 e di 88 anni, il tempo gli è stato clemente ma in cella devono convivere con 1.386.734 fantasmi”. Il potere politico ed economico, la lotta di territorio, la conquista, si sono espressi al massimo in questi luoghi poveri dove il più grande fantoccio emblematicamente rappresentava il più potente…. colui che osava distruggere. Ora rimangono i campi minati al confine con la Cina e con la Thailandia , le mine che hanno fatto ed ancora oggi fanno saltare occhi, braccia e gambe agli uomini…solo venti dollari per innescare una bomba e ventimila dollari per disinnescarla e per bonificare il territorio. La reazione di questo popolo è l’umiltà, la sottomissione ed il mantenere intatte le proprie tradizioni per opporsi all’invasione della Cina vicina. Le risorse umane sono l’unica possibilità di salvezza di questo popolo sterminato e distrutto dalle guerre civili. Solo nei Templi c’era una dignità umana con una possibilità di evoluzione e di cultura. I templi erano scuole, ospedali, luoghi religiosi, erano delle comunità prima induiste e poi buddiste. Ma guardandomi intorno vedo un popolo sottomesso soprattutto anche alla natura per via delle stagioni delle grandi piogge che imperversano tra Maggio ed Ottobre. Le piogge devastano le case fatte di paglia e fieno che si reggono su palafitte per ripararsi dall’acqua e dai serpenti boa. Il riso ed atri lavori artigianali fanno si che questo posto devastato riesca a sopravvivere con una sua dignità. Le risaie sono poche ed alcune etnie provengono dal Vietnam per coltivare il riso in montagna. La raccolta del riso si fa due volte all’anno ed il frutto “il chicco di riso” si raccoglie dopo tre mesi quando la piantina è alta circa 40 cm. Prima le piantine si raccoglievano e si battevano a mano per estrarne il frutto. Oggi esistono dei macchinari sia per la raccolta che per la preparazione, ma ci sono zone rurali della Cambogia dove ancora il riso si pianta e si raccoglie a mano e lo si lavora per estrarlo e sempre artigianalmente si prepara un buon lambiccato di riso dal sapore forte e dolciastro che ricorda il liquore Cherry. La più emozionante visita è stata quella alle 5 del mattino al tempio Ta Prhom dove Angelina Jolie ha girato il film Tomb Rider. Il tempio è lasciato intatto cosi come era , l’uomo non ci ha messo mano e questo rende quel tempio uno dei templi più affascinanti persino dei 4000 templi di Bagan in Myanmar. E’ il luogo sacro abitato di notte dai serpenti Boa dal tramonto all’alba. Gli alberi secolari hanno permeato la struttura del tempio entrando nelle stesse forme delle pietre e si sono adeguati prendendo sembianze umane ed animali conferendo a quel luogo una potenza ed una sacralità. L’imponenza, il silenzio, le forme umane che si appropriano del tempio mi lasciano pietrificata e sento che da sempre forse un po’ tutti noi abbiamo fatto parte di quella storia!
Dalla Cambogia mi sposto nel Laos con uno degli aerei di fortuna…. dove l’atmosfera è più rilassante, la gente è meno provata e va incontro all’altro con maggiore fiducia. C’è una grande pace e silenzio. Dopo i regni Khmer per 500 anni che portarono l’induismo, la colonizzazione francese e l’invasione della Cina che ha rubato molti tesori dai templi ora il Laos è una repubblica popolare democratica ed il popolo laotiano si si ritiene soddisfatto. Noi alloggiamo in una zona proprio sul fiume e si sente solo il rumore dell’acqua che scorre. Il fiume Mekong è “il fiume della vita” tutto si svolge sulle due rive. 4000 KM. di fiume che scorre veloce. Un giorno quasi per caso scopriamo che una risorsa importante del Laos sono i poveri coccodrilli. Entriamo in una riserva di coccodrilli che immobili se ne stavano a bocca aperta, quasi si meravigliassero della loro sorte, in delle vasche giagantesche e lì ho potuto filmare e fotografare la cattura ed il trasferimento di sessanta coccodrilli da una riserva ad un’altra. La scena è stata cruda ed impressionante e vedere un bestione di quella potenza legato ed imprigionato come un salame con la bocca sanguinante mi ha fatto giurare che mai più consiglierò a nessuno di comprarsi borse e portafogli di coccodrillo! Ma il motivo per cui mi trovo in Laos è per partecipare alla festa del “far boat” una cerimonia che cade nel giorno 28 ottobre e che si svolge lungo le rive del fiume Mekong. Durante la cerimonia vengono portate in processione delle barche costruite dagli stessi Laotiani di diverse etnie ed origini . Le barche hanno una struttura leggere in legno e sono decorate tutte con carta colorata e candele. La processione attraversa tutta la cittadina di Loang Prabang per terminare sulle rive del fiume Mekong dove vengono adagiate e lasciate andare finchè prendono fuoco nel fiume e simbolicamente distruggono tutti i mali che hanno accompagnato quella etnia. Siamo su una barca e guardiamo l’incendio da lontano mentre donne accovacciate sulle rive lasciano andare una corona di fiore di loto decorata da candeline in segno di liberazione dalla materialità e da tutto ciò che ritengono sia negativo. E’ una cerimonia intensa ed emozionante a cui tutti partecipano con gioia e grande spiritualità. Tornando dalla cerimonia in un’atmosfera mista di festa e di religiosità immersa nel mio misticismo alle 4 di notte sento dalla mia stanza i tamburi dei monaci che mi destano come “un richiamo”. Prendo come sempre i miei strumenti fotografici e come in uno stato di trance tra il sogno e la realtà seguo quel suono per capirne la provenienza, proprio come nella favola del “pifferaio magico”.

Arrivata al tempio il suono è terminato e mi trovo faccia faccia a lottare contro il cane della comunità del tempio che mi ringhia minaccioso. Il giorno dopo non ricordavo più se ero desta o avevo sognato…certo quel suono incessante dei tamburi mi ha portato in una dimensione nuova dove nulla esisteva al di fuori di quel fantastico gong capace di riconnettermi con l’universo intero.

testo di Viviana Rasulo