Un viaggio nell’estrema punta a nord della Russia, la Kamchatka, una delle regioni più belle della Russia tra 194 vulcani di cui alcuni in attività e la caccia dell’orso ai salmoni. Il “fisherman bear” cosi detto si sposta proprio in questo periodo dell’anno tra agosto e settembre per aspettare tra i fiumi della Kamchatka il passaggio dei salmoni. Atterriamo con un elicottero su un piccolo fazzoletto verde disegnato su questa lingua di terra immersa nel lago e contornata da tundra e vulcani. La prima cosa che incontriamo scendendo è la lapide nera di un fotografo Giapponese che avventurandosi da solo è stato sbranato dall’orso. Superata questa visione inquietante, quello che si apre ai miei occhi è un paesaggio fantastico fiabesco tra vulcani, laghi e fiumi immersi in una luce limpidissima che esalta ogni bellezza. Proprio lì in quelle acque torbide si assiste alla caccia più spietata dell’orso al salmone. Il muso dell’orso è sempre puntato verso l’acqua, per fiutare il passaggio, e le orecchie sono ben tese per percepire il fruscio dell’onda superficiale che si alza al passaggio dei salmoni. L’occhio dell’orso è miope ma la sua mole ed il suo fiuto ed i suoi potenti artigli sono le armi per colpire centinaia di salmoni che finiscono nelle loro fauci affamate assicurando all’orso un lungo inverno di riserva di cibo. La regione è spettacolare e le albe ed i tramonti si susseguono in religioso silenzio aspettando il passaggio dell’orso. Siamo rifugiati in una piccola baita di legno adagiata sulla lingua di terra dove a pochi metri c’è un piccolo recinto elettrico che mi separa dal passaggio dell’orso. Un rangers che ci scorta durante le passeggiate con un fucile a salve, vive lì tutto l’anno in quella baita, su quella lingua di terra paradisiaca. In un incontro improvviso ed un po’ troppo ravvicinato con l’orso bruno, lungo il fiume che costeggiamo, è bastato il suo sguardo deciso e penetrante che ha catturato gli occhi dell’orso per far cambiare sentiero e direzione all’orso. La sua determinazione e la sua conoscenza dei luoghi e degli orsi , mi permette con tranquillità di affidarmi a lui nella tundra lungo i fiumi, scattando foto. E’ una fortuna aver conosciuto i miei amici orsi ed umani, lì c’è continuità tra uomo e natura e c’è rispetto reciproco. Dopo circa dieci giorni di permanenza nel paradiso terrestre, dobbiamo tornare…ma si alza un vento che impedisce all’elicottero di atterrare. Così si rimanda la partenza di qualche ora !!! Ma i Russi temerari ci caricano dopo poche ore sull’elicottero che si alza in volo contrastando e sbandando per il vento a raffiche. So che non sarà facile attraversare questo tratto di Russia ma lo spettacolo mi cattura! Vengo a sapere all’improvviso che due ragazzi che erano in elicottero con noi devono scendere su un vulcano dove c’è una base con un laboratorio vulcanologico. So che quello che stiamo per fare, l’atterraggio sul vulcano con quelle raffiche, è molto più pericoloso dell’incontro con l’orso! Ho paura !!!! Guardo dall’alto la cima del vulcano con il minuscolo fazzoletto di atterraggio. L’elicottero si avvicina sempre più alla cima con il suo rumore assordante che si somma a quello delle raffiche di vento. Quando siamo a pochi metri, senza neanche che le ruote dell’elicottero tocchino terra, il portellone si apre ed i due giovani ricercatori, vengono letteralmente catapultati con i loro zaini. Mentre l’elicottero si allontana vedo i loro corpi adagiati a terra che lottano contro il vento per rialzarsi . Sono pochi secondi di panico… ma la manovra riesce perfettamente e si riprende il volo del ritorno.
testo di Viviana Rasulo